Denis Villeneuve (1967) è un regista, attore e sceneggiatore canadese che ha firmato tre film - Polytechnique (Politecnico, 2008), Maelström (2000) e Un 32 août sur terre (1998) - molto premiati e che hanno al centro figure femminili. Così è anche per La donna che canta (Incendies, 2010). Fratello e sorella gemelli vengono a sapere, dall’esecutore testamentario della madre, che il loro padre non è morto e che, in libano, hanno un altro fratello.
Ora vivono in Canada, a Montreal, ma le loro origini affondano negli anni della guerra civile che martoriò il paese fra il 1975 e il 1990 opponendo le milizie cristiano maronite a quella palestinesi ed ebbe uno dei momenti più cruenti nel massacro dei campi profughi di Sabra e Shatila (16 - 18 settembre 1982) che vide i falangisti maroniti massacrare un migliaio fra donne, vecchi e bambini sotto lo sguardo complice dei militari israeliani. I due orfani, soprattutto la donna, decidono di dare corso alle volontà della defunta che ha chiesto loro di rintracciare il padre e il fratello. Inizia così una sorta di viaggio nella memoria in terra mediorientale e qui i due scoprono la vera vita della madre, una cattolica che ha avuto il primo figlio da un palestinese e che, per questa ragione, è stata ripudiata dalla famiglia, mentre i fratelli le hanno ucciso il compagno. Disgustata dalla violenza delle milizie maronite ha ucciso un capo della Falange, è stata arrestata e ha passato molti anni in una fetida prigione subendo violenze di ogni tipo. Proprio dallo stupro di un torturatore sono nati i due gemelli. La storia non si ferma a questo e il finale sarà segnato da un vero colpo di scena in chiave melodrammatica, in cui i ruoli di padri e figli si mescolano in un intrico degno di una tragedia greca. Alla base del film c’è il testo teatrale Incendies (Incendi), scritto nel 2003 dal drammaturgo canadese, d’origini libanesi, Wajdi Mouawad, che il regista adatta mirabilmente al grande schermo depurandolo da ogni staticità scenica. E' un film dai forti toni melodrammatici, inseriti in uno scenario di violenza storicamente documentata e tutt’altro che relegata nell’archivio dei ricordi. E’ un buon film, anche se la struttura mélo non giva del tutto al suo bilancio complessivo.