Checco Zalone, pseudonimo di Pasquale Luca Medici (1977), è diventato un vero fenomeno mediatico nel volgere di pochi anni visto che ha esordito nel 2004 presentando un concorso di bellezza in Puglia. Il suo secondo film, Che bella giornata, diretto come il precedente Cado dalle nubi (2009) da Gennaro Nunziante, ha registrato uno sfracello d’incassi diventando il più visto nella storia del cinema italiano. Un successo che deve molto alla carriera televisiva del protagonista, diventato rapidamente una delle star delle reti Mediaset. Questo ha indotto molti osservatori a parlare di nuova idea di commedia italiana priva di volgarità e scurrilità. A parte il fatto che la vecchia commedia italiana, quella gloriosa dei tempi, anni sessanta – settanta, de I soliti ignoti (Mario Monicelli, 1958), I mostri (Dino Risi, 1963) e Il commissario Pepe (Ettore Scola, 1969), non aveva per niente paura di sporcarsi mani e udito con parolacce e situazioni scatologiche, la vera differenza è fra invenzione e banalità, critica sociale e qualunquismo.
Nel film si racconta di un idiota, assunto come guardia privata dall’arcivescovado di Milano, che sventa, in modo del tutto casuale, un attentato alla Madonnina del Duomo. Ci riesce innamorandosi e facendo innamorare la bella terrorista incaricata di piazzare la bomba. Non una sequenza ha un minimo spessore cinematografico, tutto è ridotto a cabaret televisivo e a qualunquismo da quattro soldi. Ogni snodo è facilmente prevedibile, tutte le supposte irriverenze – il vescovo maneggione, il comandante dei carabinieri incapace e sessualmente impotente, il maresciallo della benemerita corrotto e corruttore, il militare che va in missione all'estero solo per pagare il mutuo – sono costruite in modo da trasmettere un’idea della società in cui tutti profittano perché è costume comune. In piena logica opportunista secondo cui quando tutti sono ladri, nessuno lo é. Davvero ben poco a che vedere con la commedia italiana e, soprattutto con il cinema. Il successo presso il pubblico? E' una nuova conferma della potenza corruttiva del gusto del pubblico medio da parte della televisione.