Burt e Verona sono sulla trentina e lei aspetta un figlio non programmato. La loro relazione subisce un duro colpo quando i genitori di lui (lei è orfana) li informano improvvisamente che hanno deciso di andare in Europa per trascorrervi almeno tre anni. Privi di un puntello su cui avevano fatto conto (anche negli Stati Uniti i nonni sono importanti per le giovani coppie!), iniziano una sorta di giro attraverso il paese alla ricerca di qualche parente o amico in grado di aiutarli nella cura del nascituro. E’ il pretesto per inanellare una collana di situazioni tipiche, secondo il regista, dei rapporti di coppia americani.
Si passa dal matrimonio esaurito in cui lei è agitata da una carica sessuale insoddisfatta, ai due seguaci di una qualche strana filosofia che vivono in un loro mondo del tutto separato dalla realtà, alla donna sola e insoddisfatta, sino agli sposi in piena crisi perché non riescono ad avere figli. La soluzione sarà l’approdo ai vecchi valori di famiglia – la magnifica casa sul mare dei genitori di lei – cui ritornare come approdo sicuro. American Life (Away We Go, letteralmente Andiamocene lontano) è il sesto film diretto, nel 2009, dall’inglese Sam Mendes (1965), uomo di teatro prestato con successo al cinema americano che ha coronato con cinque premi Oscar la sua opera d’esordio sul grande schermo: American Beauty (1999). Un autore che ama mostrare le contraddizioni e i punti oscuri della vita americana e che spesso raffigura i cugini con sarcasmo e tinte fosche. Qui questo tipo di approccio s’individua nettamente nelle varie situazioni in cui s’imbattono questi prossimi genitori loro malgrado, anche se, alla fine, tutto si risolve con un ritorno all’ordine e alla bellezza della tradizione. Sembra quasi che il regista abbia temuto di andare sino in fondo nella critica e abbia (forzatamente?) addolcito lo sguardo. Non è il suo film migliore, ma rimane un’opera interessante.