Nell’inverno del 2004 Mark Zuckerberg (1984) è uno studente come tanti dell’università di Harvard quando, in una notte, inventa FaceMash, presto trasformato in Facebook ed oggi il più conosciuto social network a livello mondiale, con circa 500 milioni di iscritti e un valore di borsa vicino ai 5 miliardi di dollari. Questa incredibile avventura è raccontata da David Fincher in Social Network con il taglio tipico del testo biografico hollywoodiano, tutto scontri personali – il film è un lungo intreccio di flash back che scaturiscono dalle discussioni processuali legate alle due cause, entrambe concluse con transazioni milionarie (in dollari), intentate al geniale programmatore dall’ex – socio, il brasiliano Eduardo Saverin (1982), e dai gemelli Cameron e Tayler Winklevoss (rampolli di una ricca famiglia e valenti sportivi, tanto da essersi classificati al sesto posto in una gara di canottaggio alle olimpiadi di Pechino 2008) che pretendevano di avergli commissionato un lavoro, da lui trascurato, da cui è nata la rete sociale.
Il film ha un taglio avvincente, anche se gli eventi sembrano collocati in un mondo irreale in cui gli investitori speculativi sono figure lontane e mitiche, la borsa un mondo che s’intravvede a malapena, le invenzioni nascono da crisi sentimentali e i multimiliardari sono infelici per definizione. In poche parole ci sono tutti gli ingredienti per un classico biopic tanto simile al vero, ma falso nella sostanza.