Oliver Stone (1946) non è mai stato un maestro di cinema nel senso pieno del termine, ha diretto qualche film passabile, ma si è sempre mantenuto sul filo delle opere rivolte all’attualità, magari criticandola (Platoon, 1986), voltandola all’agiografia seppur mascherata da critica (Nixon, 1995 - JFK, 1991 - W, 2008) oppure mettendo mano a colossi storici come Alexander (2004). Wall Street: il denaro non dorme mai (Wall Street: Money Never Sleeper) fa parte di questo cinema, più precisamente del filone che cavalca o tenta di cavalcare l’attualità. Il condizionale deriva dal fatto che questo centone, ricco e magniloquente, vorrebbe affrontare il tema della grande crisi economica di due anni or sono, ma sbocca in un melodrammone confuso e ridondante.
La storia riprende il filo del primo Wall Street (1987), quello che terminava con l’arresto e la condanna del faccendiere Gordon Gekko. Lo ritroviamo quando, nel 2001, esce solitario dalla prigione dopo aver scontato otto anni di detenzione. Poche stagioni ancora e rieccolo sulla breccia, ha scritto un libro di successo in cui si denunciano i pericoli della bolla speculativa che è in corso e campa da nababbo con il solo cruccio della figlia che non ha voluto più aver a che fare con lui dopo la morte, per overdose, del fratello. Ora la ragazza, un promettente architetto, vive con un altro trader finanziario che ha il pallino delle energie pulite e del rispetto per l’ambiente. Il vecchio marpione si dà da fare in ogni modo e convince la figlia a riallacciare i rapporti, salvo poi imbrogliare anche lei carpendole la firma per sbloccare un centinaio di milioni di dollari che, prima di andare in galera, aveva messo al sicuro in Svizzera. Dopo i prevedibili alti e bassi tutto finirà in gloria, con il vecchio trafficante quasi convinto all’ecologismo e il giovane che riesce a vendicare, finanziariamente, il suicidio di un suo mentore rovinato da un tipaccio ancor più spregiudicato del futuro suocero. E’ un melodramma pesante, verboso che maschera dietro un diluvio di termini tecnici una spaventosa pochezza d’analisi. Se qualcuno pensasse di capire anche solo qualche briciola della crisi che ancor oggi viviamo, rinunci a vedere questo polpettone indigesto e si affidi a qualche buon libro.