E' noto che il cinema americano ha la straordinaria capacità di trasformare cronaca, problemi sociali, temi politici in forme di spettacolo a vasta diffusione. Lo conferma Fair Geme - Caccia alla Spia (Fair Geme) di Doug Liman, presentato in concorso all’ultimo Festival di Cannes. Lo spunto del film, tratto dal libro omonimo di Valerie Plame e da The Politics of Truth (La politica della verità) di Joseph Wilson, nasce dal cosiddetto affare Plame - Wilson. Vale a dire la vicenda dell'agente della CIA Valerie Plame il cui nome, indirizzo e numero di telefono furono dati in pasto alla stampa il 14 luglio 2003 da una Casa Bianca infuriata parchè suo marito, l'ex- ambasciatore Joseph Wilson, aveva scritto un articolo, pubblicato dal The New York Times, che smentiva la versione di George W Bush secondo cui l'attacco all'Iraq di Saddam Hussein era giustificato dal fatto che quel regime stava preparando la bomba atomica.
Le prove dovevano essere sia l'acquisto in Cina di una partita di tubi d'alluminio destinati, si diceva, all'arricchimento dell'uranio, sia una consistente partita di minerale da destinare al progetto comperato in Sudan. Entrambe le notizie risulteranno del tutto prive di fondamento: i tubi metallici erano destinati ad altri usi militari e l'acquisto dell'uranio grezzo non era mai avvenuto. Da queste due falsità nascerà la frenesia con cui l’intelligence americana si dedicherà alla ricerca, senza esito, dei depositi di armi di distruzione di massa dopo l'occupazione di Baghdad. Il film ricostruisce minuziosamente gli scontri fra CIA e Casa Bianca, le operazioni di disinformazione e calunnia messe in atto contro l'ex - agente e suo marito, il pesante clima instaurato dagli uomini dell'amministrazione, molti dei quali trarranno lauti proventi personali dalla seconda guerra irachena. Sono materiali scottanti, messi in scena in modo drammaturgicamente adeguato secondo una tradizione di denuncia che è nel DNA del cinema Usa. E' un film utile a capire meglio gli interessi messi in moto dalla guerra irachena.