Alcuni fra gli ultimi film di Francesco (Citto) Maselli

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6565-francesco-maselliUna delle caratteristiche del cinema di Citto Maselli è collegare vicende private a precisi quadri storici. Molto probabilmente si tratta di posizioni che gli derivano dalla sua storia professionale che, come è noto, ha un forte punto di riferimento sia in Cesare Zavattini sia in Michelangelo Antonioni con i quali ha collaborato all’inizio della carriera, meglio ancora alle atmosfere culturali e politiche che segnano la filmografia di questi due autori. L’occhio di Citto privilegia in modo particolare, negli anni dal 1990 in poi, l’attenzione verso la psicologia dei personaggi, in particolare di quelli femminili. Quest’ultimo aspetto è legato anche alle prestazioni di un gruppo di attrici che danno il meglio proprio sotto la sua guida.

ilsegreto1990Prenderemo ora in considerazione alcuni fra i lungometraggi che questo regista realizza agli inizi del decennio. Iniziamo da quello in cui gli elementi personali appaiono maggiormente dominanti: Il segreto (1990). Al centro del film c’è la figura di una cameriera di un fast-food che, dopo un tentato suicidio, stringe una forte amicizia con un ragazzo che sopravvive malamente facendo il pony express. I due vanno a vivere in una casa abusiva di periferia e sviluppano, all’inizio, una forte attrazione fisica. Ben presto, però, insorgono seri problemi di in comprensione reciproca che minano la loro convivenza, le cose si complicano con la comparsa di Franco, che sopravvive con il commercio di residuati ferrosi e, a tempo perso, fa il pescatore e costruisce bizzarre opere utilizzando candele d'auto, molle e altri rottami, passione dello stesso cineasta che è anche autore di oggetti di stile pregevole che ha utilizzato per arredare le case in cui ha abitato. Dopo alcuni passaggi si scoprirà che questo poveraccio è anche il responsabile della condizione disturbata della donna Quest’ultima, poi, ha costruito una sorta di trappola psicologica tesa a riconquistarlo nonostante sia responsabile delle non poche violenze che lei ha subito. E’ un film decisamente scombinato in cui i rapporti personali complessi interagiscono (non bene) con un quadro sociale degradato e degradante ed è anche una storia che consente a Nastassja Kinski di proporre una delle sue migliori interpretazioni.

00046301La regia successiva riguarda un’opera, L’alba (1990), che è anche un testo a due voci, la già citata Nastassja Kinski e Massimo Dapporto e vi si racconta l’amore di una coppia attraverso gli anni. Tutto avviene in una stanza d’albergo la numero 722 dove periodicamente s’incontrano Karen e Massimo. S’inizia con l’arrivo della donna che ha deciso di dare una svolta alla sua vita e iniziare da una nuova esperienza con l’uomo che ha conosciuto anni addietro e con cui ha un appuntamento fissato da tempo. I due sono entrambi sposati con altri lei è proprietaria di una boutique a Milano, lui è spesso all'estero per lavoro e le rispettive posizioni li obbligano a rari incontri clandestini a volte persino a distanza di anni, tuttavia ogni loro appuntamento è segnato da roventi vampate erotiche. La donna, nell'attesa del compagno, rivive quei momenti e le molte cose che sono accadute nel corso del tempo: lei ha perso un bambino, lui ha avuto un'altra compagna e ora ha seri problemi di lavoro. L’intenzione di Karen sarebbe quella di rifarsi una vita con Massimo, ma i ricordi che le affollano la mente la convincono che sarebbe un errore sperare ancora in lui. All'alba, quando il centralinista le annuncia una chiamata dell’amante, lei fa rispondere che è partita. Il film focalizza l’impossibilità, nel nostro mondo, di ritagliarsi uno spazio personale di felicità, un area di pace in un mondo ricco di tensioni. E’ questo uno dei film più intimisti di quest’autore anche se vi risuonano gli echi di non pochi problemi reali del tempo.

01472401Passeranno ben sei anni ed ecco Cronache del terzo millennio (1996) in cui il regista ci porta in un grande casermone abitato da centinaia di persone all'estrema periferia di una grande metropoli. Un’ ingiunzione di sfratto è recapitata a tutti gli inquilini in quanto il fabbricato deve essere demolito per far posto a un nuovo grande quartiere residenziale. Sono operai, poveri senza casa, piccoli spacciatori, ladri e prostitute da quattro soldi che, improvvisamente, si trovano quasi sul lastrico. Le prime reazioni sono di panico e disperazione, poi un gruppo di giovani propone di organizzare una sorta di resistenza. Neppure questa prospettiva è accolta dalla maggioranza degli sfrattati e, infine, prevale l'idea di sfruttare la situazione di autogoverno dell’edificio, garantita dai padroni di casa in cambio della rinuncia ad ogni forma di agitazione. Nasce così una sorta di comune, dove ciascuno prende coscienza dei problemi con cui ogni essere umano deve fare i conti in questa società. E’ un testo a mezza strada fra la metafora e la riflessione filosofica che riflette le incertezze del cineasta in una fase storica caratterizzata dallo spappolamento della sinistra e dal distacco di una quantità imponente di giovani dai classici partiti d’opposizione. Uno sbriciolamento di certezze che sembravano indistruttibili a cui il regista contrappone un’idea nuova di unità e organizzazione sociale. In questo film gli elementi personali si fondono ancor più che nei casi precedenti in un quadro sociale in vorticoso cambiamento. Certezze che sembravano inattaccabili crollano davanti a nuove realtà, problemi sino a ieri sconosciuti ora dominano la scena. Anche qui sono numerose le presenze femminili tra le quali citiamo Sara Altieri, Mary Asiride, Valentina Emeri.

47545L’ultimo film realizzato, sino ad ora da questo regista, segna un ampliamento delle delusioni nei confronti del mondo così come si è venuto configurando a dispetto di ciò che molti intellettuali di sinistra avevano immaginato in passato. In Le ombre rosse (2009) un noto intellettuale arriva in un centro sociale significatamente denominato Cambiare il mondo ospitato fra le mura di un cinema in disuso e resta colpito dalle iniziative, i fermenti e i rapporti che si sono stabiliti fra i giovani che hanno dato vita a quest’operazione. Una sorpresa che si traduce nella proposta di moltiplicare l’esperienza trasferendola a decine di altre situazioni. L’ipotesi ha successo tanto da diventare un caso internazionale, tuttavia non tutti coloro che vogliono cogliere quest’occasione hanno i medesimi obiettivi. C’è chi vede l’esperienza come una nuova ripartenza rivoluzionaria e chi vi coglie un modo di normalizzare le inquietudini giovanili, chi concepisce l’esperimento come il seme utile a un moltiplicarsi di atti eversivi. Il film coglie le inquietudini e i termini di una polemica, forse un ultimo strascico delle riflessioni novecentesche, che agitava le acque della sinistra in piena era berlusconiana. Per questo va apprezzato per il valore di testimonianza di un momento di svolta e di resistenza. Anche in questo caso la presenza femminile ha una peso rilevante affidato soprattutto alla maestria di Lucia Poli, Eugenia Costantini e Valentina Carnelutti.

Umberto Rossi