Karey Kirkpatrick, che aveva già diretto il valido La gang del bosco (Over the Hedge, 2006), è sceneggiatore di buon livello che spesso lavora per fiction e televisione: non è uno specialista dell’animazione e, per questo, gli è stato affiancato Jason Reisig, nel settore da oltre trent’anni e molto apprezzato per titoli quali Kung Fu Panda 3 (2016), Shrek (2001) ma anche grazie all’unico film realizzato da Karey con questa tecnica.
Tra i due si era già creata una buona coesione che si è sviluppata in questo prodotto in cui tutto funziona bene. Non siamo di fronte ad un film epocale, ma ad un’opera intelligente dove si può ridere molto (soprattutto i più piccoli) pensando e riflettendo su temi quali la discriminazione, lo scontro tra conoscenza e luoghi comuni che condizionano gli uomini, la diffidenza per tutto quanto è diverso. Il maggiore interesse lo si ha per la storia e per l’angolazione da cui viene raccontata. Il racconto scritto dall’animatore spagnolo Sergio Pablos è davvero interessante - del resto basterà ricordare che lui è il creatore del franchise Cattivissimo me (Despicable Me, 2010) per la Universal Picture che è diventato il terzo film d'animazione in franchising facendo guadagnare fino ad ora oltre 1 miliardo di dollari come merchandising – e probabilmente darà vita a un sequel. Non si occupa del punto di vista degli umani, dei piedi piccoli, ma quello degli Yeti, che ci hanno guardato come leggenda: lo stesso che noi abbiamo sempre fatto con loro. Il film ci offre un’allegra ma non epidermica lezione di tolleranza e ci incita a non fermarci alle apparenze: attraverso la conoscenza spesso cadono i preconcetti, e viene limitata la posizione di tensione negativa che rischia di considerare nemici quelli che in realtà non lo sono. Lo sviluppo della storia mette in discussione il credo popolare che spesso accetta dogmi senza tentare di capirli, ma anche chi non ci permette di maturare. La denuncia maggiore è legata al protagonista umano ed al suo cellulare che continua a riprendere un mondo sconosciuto e a trasmetterlo in Rete per ottenere notorietà, non pensando che così facendo mette in pericolo la sopravvivenza di questi giganti bonaccioni. Gli yeti vivono felici e operosi sulla cima di una montagna, che poggia su una coltre di nubi oltre la quale, così dicono le pietre da cui tutto è trattato, vi è solo il grande nulla. Il sacerdote, chiamato Guardapietre, condiziona tutti con un credo che quasi nessuno osa discutere. Ma ci sono gli strani, cinque giovani che contestano e vorrebbero sapere di più. Migo non fa parte di loro, è uno che non mette in discussione la verità di una pietra: fino a quando non incontra uno Smallfoot (in realtà, un ragazzo condizionato da Internet e dall’apparire) e la sua mente si riempie di pressanti e inaspettate domande.
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