Acrid è il titolo italiano del film d’esordio del regista iraniano Kiarash Asadizadeh che non nasconde di ispirarsi a Girotondo (Reigen, 1900 – 1920) del medico, scrittore e drammaturgo austriaco Arthur Schnitzler (1862 – 1931); un testo fatto di storie intrecciate che iniziano l’una dove finisce l’altra usando, come filo conduttore, uno dei personaggi della seconda. Qui s’incrociano le sorti di quattro donne.
Soheila è un medico che lavora in un ospedale pediatrico e non ha più illusioni sul rapporto con il marito, un ginecologo sistematicamente a lei infedele. Azar è stata appena assunta da questo medico ed è già oggetto delle sue attenzioni erotiche. Simin insegna chimica all’università, ha divorziato da un marito violento ed è l'amante del marito di Azar che, a sua volta, si scontra ferocemente con la moglie da cui si sta separando. Mahsa è una studentessa universitaria, allieva di Simin e figlia del ginecologo a cui confessa il suo amore per un compagno di studi, ma scopre che questi la tradisce. L’intero cast femminile è stato premiato al Festival del Cinema di Roma 2013. Sono quattro ritratti che individuano altrettante drammaticità della condizione femminile nel paese degli Ayatollah. Non è la prima volta che il cinema iraniano ricorre ai drammi personali per parlare di politica. Lo fa quantomeno dal tempo che la censura dei chierici ha ridotto al silenzio, imprigionato o costretto all’esilio la prima, feconda generazione cinematografica di questo paese (Abbas Kiarostami, Jafar Panahi, Mohsen Makhmalbaf). L’inizio di questa tendenza può essere individuata in Asghar Farhadi, autore di Darbareye Elly (About Elly, 2009) a cui ha fatto seguito Una separazione (Jodaeiye Nader az Simin, 2011) firmata dallo stesso regista. E’ una dura immagine della borghesia iraniana e delle sue insofferenze nei confronti di un regime fortemente oppressivo, sia sul piano personale sia su quello dei comportamenti, soprattutto femminili. Un filtro attraverso cui è facile scorgere i guasti di una sistema clericale che unisce autoritarismo a repressione del pensiero diverso. Nel film di cui stiamo parlando questa cappa di piombo trasuda dalle costrizioni a cui sono sottoposte le quattro protagoniste e, in mondo particolarmente evidente, nella sequenza dell’incidente stradale in cui il proprietario dell’auto tamponata segnala alla polizia, come prima cosa, che era guidata da una donna. In altre parole un film denso di significato, importante e valido ben oltre i fatti raccontati.