04 Dicembre 2014
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36° Festival Internacional del Nuevo Cine Latinoamericano 2014 |
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Non sappiamo se per scelte da parte dei programmatori del Festival o per semplice casualità, ma dopo alcuni giorni non sempre entusiasmanti iniziano ad apparire titoli quantomeno interessanti. E’ il caso del film argentino La tercera orilla (La terza riva, 2014) della quarantenne Celina Murga che narra di una vicenda dalle connotazioni universali che colpisce più di una famiglia in giro per il mondo. Si tratta di tradimento ma non soltanto all’interno della coppia ma nei confronti dei figli considerati apparentemente in maniera umana dal fedifrago ma, in realtà, esautorati dall’amore e anche da una certa serenità economica. Nicholas vive in un piccolo villaggio di Entre Rios assieme ai fratelli e alla madre, con un padre molto assente. E’ il figlio maggiore di un medico che conduce una doppia vita. Non cessa di essere chiamato papà, ma dopo una giornata trascorsa insieme, torna alla sua altra famiglia, che ha favorito anche con un maggiore sostegno finanziario. Il ragazzo, quasi senza accorgersene, mette sulle sue spalle il ruolo di padre. Educa e consola i fratelli, diventa confidente ed amico della madre, si occupa anche finanziariamente dei problemi della famiglia. La vacuità di questi mondi paralleli diventa ancora più evidente quando il medico chiede al figlio di seguire le sue orme. Il ragazzo si ribella contro il sessismo e il pesante senso di autoritarismo del padre, ma anche contro un segreto che tutti conoscono e che fingono di ignorare. Bravi tutti in una scelta di cast molto curata che sottolinea la validità di una buona sceneggiatura.
(Fatima o il Parco della Fraternità, 2014) era un film cubano molto atteso tanto da richiedere l’intervento della Polizia all’ingresso per evitare che persone senza biglietto (c’era il tutto esaurito per tutte le proiezioni da almeno una settimana) travolgessero gli altri spettatori. L’autore del film è il quarantanovenne Jorge Peugorrìa, attore, pittore, sceneggiatore e regista particolarmente amato sull’Isola. Considerato il più noto attore cubano a livello internazionale, lavora per teatro, televisione e cinema dove fino ad ora ha recitato in oltre 50 film e ne ha diretti otto. In questa occasione si è cimentato in una storia che solo epidermicamente può sembrare commedia ricca di connotazioni drammatiche e farsesche. In realtà ha firmato un’opera di denuncia sulla diversità, sull’impossibilità per i giovani di avere una vita soddisfacente, sul fenomeno, ancora attuale, dei clandestini che cercano di raggiungere via mare gli Stati Uniti. La storia principale, quella che appare come vicenda su cui si sviluppa tutta il film, racconta di ragazzino che si sente diverso, è rifiutato dal padre energumeno e amato dalla madre. Studia, si diploma non senza avere subito mille umiliazioni. Abbandona la provincia per raggiungere L’Avana dove inizia a lavorare come programmatore. L’incontro fortuito con uomo esteriormente virile gli cambia l’esistenza: si innamorano, lui l’aiuta a divenire una Dark Lady ma, nello stesso tempo, gli propone incontri occasionali con altri uomini. E’ farfallone mentre lei gli è fedele ed innamorata anche quando il suo uomo parte per gli Stati Uniti su di un barcone. Fatima è il nome d’arte del giovane Manolo perché da bimbo gli era apparsa la Madonna di Fatima e questo lo aveva segnato tutta la vita, con un’ironia che si aggiungeva alle sue tendenze sessuali. Film equilibrato, mai macchiettistico, dimostra come certe tematiche il cinema cubano le sappia trattare forse meglio di tanti prodotti europei.
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