04 Dicembre 2014
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36° Festival Internacional del Nuevo Cine Latinoamericano 2014 |
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Mr. Kaplan (2014) di Alvaro Brechner dimostra come temi sicuramente difficili possano essere trattati in maniera lieve, facendo sorridere senza per questo limitare la possibilità da parte del pubblico di provare forti emozioni. Il trentanovenne regista è uno dei nomi più interessanti autori del cinema uruguaiano, un settore che è riuscito a crearsi uno spazio importante nel mondo del Latino America. I suoi corti sono stati presentati in oltre centocinquanta festival e venduti alle televisioni di una quindicina di paesi. L’ultimo lungometraggio da lui diretto, Mal dia para pescar (Un brutto giorno per pescare, 2009) è stato ospitato da sessanta manifestazioni cinematografiche. Il suo mondo è fatto di amore per il grande schermo, citazioni, grande capacità nel raccontare in maniera molto piacevole qualsiasi storia. Irritato dalla sua vecchiaia e annoiato da una vita monotona, l’ebreo James Kaplan è succube dell'angoscia dell'oblio. Un giorno passato sulla spiaggia gli darà una chance inaspettata per coinvolgere la sua vita in un'avventura epica e straordinaria: un uomo misterioso, anziano e solitario gli fa pensare che possa essere un nazista. Il protagonista chiede e ottiene aiuto ad onesto ex poliziotto Wilson Contreras, insieme affrontano un'indagine donchisciottesca per tentare di consegnare alla giustizia tedesca quello che ritengono un criminale di guerra. Ovviamente, non sempre ciò che appare è realtà. Il settantasettenne Héctor Noguera interpreta con grande ironia il suo personaggio, il corpulento Néstor Guzzini ha un volto molto espressivo che riesce a trasmettere gioia e dolore, paura e voglia di vivere.
Il trentottenne argentino Diego Lerman, ha prodotto, dal 1999 ad oggi molti corti, serie televisive e documentari. Al settimo lungometraggio come regista dimostra di avere maturato uno stile sicuro ed originale che gli permette di raccontare storie, anche se non originali, con bravura e fantasia. Refugiado (Rifugiato, 2014) potrebbe essere un testo teatrale e, in certi momenti, i dialoghi danno l’impressione che ci possa essere a monte una commedia. Un bimbo di sette anni e sua madre sono costretti ad abbandonare velocemente la casa dove vivono a causa dall’ennesimo atto di violenza del padre e cercare un luogo sicuro. La donna è all’inizio di una seconda gravidanza e si sente ancora più responsabile dell’incolumità di tutti. Inizia così la peregrinazione alla ricerca di un luogo dove i due possano sentirsi sicuri e protetti ma è molto più difficile di quanto si poteva pensare. Raggiunge la casa della madre, con cui non ha più rapporti da anni, e l’anziana li accoglie senza fare troppe domande. E’ un road movie ben sviluppato, un dramma che non disdegna, per stemperare le scene emotivamente più intense, qualche rilassante momento narrativo. A questo va aggiunto il profumo di thriller che serpeggia per tutto il film. La psicologia del bambino che diviene involontario complice del padre è resa bene, ottimi i dialoghi che sottolineano un momento molto drammatico: il piccolo crede alla mamma ma non può accettare che il padre sia divenuto un suo nemico. Julieta Díaz, con esperienze principalmente maturate alla televisione, riesce a non essere mai melodrammatica e dà alla figura della madre dolente una grande espressività.
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