21 Ottobre 2013
Caroline Strubbe, belga quaratottenne che è stata premiata a Cannes dopve ga presentato Lost Persons Area (Lo spazio degli esseri perduti, 2009), ha presentato in concorso I’m the Same I’m an Other, (Io sono lo stesso, io sono un altro), seconda di una trilogia avviata con il film precedente. L'opera dura poco piú di cento minuti e riprende i personaggi della prima parte. Tessa, nove anni, i cui genitori si sono suicidati, e Szabolcs, l’amante della madre che ora sono in fuga verso la Gran Bretagna. Chi non ha visto il primo film assiste soltanto alla fuga in auto dei due, li vede attraversare la Manica e riparare in un piccolo appartamento sul mare. Sullo schermo sono messi in evidenza i cieli gravidi di pioggia, il vento e il gracchiare degli uccelli, osservati in larga parte dal chiuso dell’appartamento dove l’adulto tiene la bambina. Le relazioni tra i due sembrano buone, ma il trentenne costringe la piccola a non deve uscire. Con un assemblaggio di immagini girate in tempo reale, la regista descrive l’impaccio e le preoccupazioni dell’adulto e l’impiego del tempo della bimba che va dall’attenzione agli animali domestici, fuori e dentro l’appartamento, alla pulizia dei locali, a momenti di piccolo autolesionismo. Per quasi tutta la durata del film, la cinepresa riprende i movimenti dei due come uno scienziato che studi al microscopio la vita degli insetti. Molti spettatori sono usciti durante la proiezione. Altri sono rimasti per capire il rapporto tra i protagonisti, relazione che si svela soltanto nel finale. Proprio quando la bambina manifesta dell’affetto per il compagno di viaggio, questi è arrestato dalla polizia sotto l’accusa di aver sequestrato la piccola.
Sempre in concorso, un film che si direbbe una fiction Tv. Il marocchino Nour-Eddine Lakhmarki ha presentato Zero, cronaca della vita disastrata di Amine Bertale, poliziotto di Casablanca, il cui comportamento professionale gli ha valso il nomignolo del titolo. Privato dell’arma e assegnato a una scrivania dove redige lamentele e richieste di aiuto, il giovanotto sopporta anche il peso del padre, ex agente disabile e autoritario. Capro espiatorio dei capricci di un commissario corrotto e violento, è da questi controllato e punito quando tenta di arrotondare il salario intessendo piccole truffe con una giovane prostituta. Narrato in chiave di commedia, al limite di commedia nera, il film mostra un giovane irresoluto, tra obblighi domestici e orari d’ufficio. La svolta matura con la morte del padre e con l’incontro con una madre in lacrime alla ricerca della figlia quindicenne. Umiliato e bastonato, Zero non ha piú niente da perdere e decide di vender cara la pelle.
Tra i due estremi si situa Run & Jump, (Corri e salta) dell’americano di origine irlandese Steph Green. Si tratta di una finzione basata sul tentativo di recupero delle facoltá intellettive di un padre di famiglia. Conor Casey, colpito da ictus e tornato alla vita dopo essere stato in coma, si comporta come un adolescente. Sua moglie, Vanetia, accetta l’aiuto di Ted Fielding, psicologo americano giunto in Europa con una borsa di studio. La sua presenza è di sostegno alla famiglia, che include anche una bambina estroversa e un adolescente insicuro. La donna, che è forte, leale, ironica e capace di allegria, si lega d’amicizia con lo psicologo, un tipo formale e introverso. Sullo sfondo della vita di famiglia e dei lenti progressi di Conor, il film descrive il simpatico e innocente legame tra Vanetia e Ted. Che tale rimane in una vicenda priva di colpi di scena, scorrevole, senza infamia e senza lode.
Altro titolo in concorso la commedia francese Au bout du conte, (Alla fine del racconto) di Agnès Jaoui. Interpretato dalla stessa Jaoui, da Jean-Pierre Bacri, e da uno stuolo di giovani attori, (Agathe Bonitzer, Arthur Dupont, Benjamin Biolay). L’opera fa tesoro di racconti popolari per imbastire storie d’amore, di famiglie e di supestizioni. Laura, 24 anni, sognando il principe azzurro si trova improvvisamente innamorata di due giovani, un musicista e un critico famoso. Il padre del musicista è in paranoia perché una veggente gli ha detto che morirà il 14 marzo, data che gli è ricordata al funerale di suo padre, dove s’incontra col figlio con cui ha pessimi rapporti. Le cose non vanno bene neanche nella nuova famiglia. Dialoghi brevi, battute calibrate, e molta ironia per una commedia di centododici minuti servita con garbo a un pubblico conquistato.
R.F.
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