21 Ottobre 2013
In un anno di crisi, la SEMINCI riesce nonostante tutto a garantire la qualità di sempre proponendo il ricco programma che si affianca alla sezione ufficiale. Il più importante è Punto De Encuentro (Punto d’incontro) dove sono presentate opere prime e seconde in cui la qualità di intenti degli autori è sempre presente. Divisa tra lungo e cortometraggi, fornisce sempre interessanti spunti per vedere cosa si sta realizzando nelle varie parti del mondo, con una certa attenzione alla produzione latino americana e spagnola. Tra i lungometraggi nove sono opere prime e sei opere seconde, i corti sono in tutto tredici. Il film canadese Whitewash (Imbiancare, 2013) è diretto dal noto attore televisivo e teatrale nonché’ pubblicitario Emanuel Hoss-Desmarais, qui alla sua prima regia di un lungometraggio. E’ un’opera claustrofobica ambientata completamente dentro e sotto la neve del lunghissimo inverno canadese con due personaggi che interagiscono tra loro in maniera drammatica. E’ un dark movie dalla classica scrittura in cui piano piano si scopre la logica di quanto accade ma che non sempre riesce a convincere per certe scene che seguono solo la contorta logica del protagonista e del regista - sceneggiatore. Il film incuriosisce soprattutto chi conosce i precedenti del regista che negli ultimi otto anni ha diretto spot televisivi dal taglio particolarmente glamour con cui ha vinto riconoscimenti internazionali. Tre dei suoi lavori sono stati inseriti nel Cannes Advertising Awards e ha vinto numerosi premi ai Marketing Awards di Toronto, Londra e l'annuale Festival Internazionale della Pubblicità di New York. Premesse ottime ma non in grado di garantire gli stessi livelli di eccellenza nel suo passaggio al cinema. Infatti, luce e buio si alternano nella narrazione che non sempre riesce a tenere desto l’interesse. Siamo nel Québec e tutto è neve. Bruce è disperato. Sua moglie è morta e lui ha perso il lavoro. Sta semplicemente cercando di sopravvivere quando incontra Paul e solo troppo tardi si rende conto che questa persona non è quello che sembra e che tutto probabilmente finirà in tragedia. Quando il conflitto tra loro porta alla morte involontaria, ma forse desiderata di Paul, Bruce si ritrova ancora più isolato nei boschi alle prese con il senso di colpa e l’essere in una prigione naturale da cui non può sfuggire. Lo sviluppo narrativo ci propone alcuni momenti poco felici, in cui è difficile trovare logica in quanto fatto e detto dal protagonista. Rischia di farsi riconoscere andando in negozi, sposta il cadavere di Paul con incoscienza, decide una linea di vita che quasi sicuramente lo porterà alla morte. Interpretato magistralmente dal cinquantatreenne Thomas Haden Church, il film ha comunque fascino e, alla fine, dona più di un argomento di discussione.
Una bellissima sorpresa si è avuta con il film messicano Tercera llamada (Chiamata finale, 2013) opera seconda di Francisco Franco il cui film del debutto, Quemar las naves (Bruciare le navi, 2007) era stato presentato nella stessa sezione alla cinquantaduesima edizione del SEMINCI. Direttore della compagnia teatrale della Scuola dell'Università Autonoma della sua città natale, Aguascalientes, ha studiato regia presso CUEC e partecipato a workshop sulla direzione degli attori della Facoltà di lettere e filosofia UNAM. Ha lavorato come assistente alla regia prima di iniziare a lavorare come attore e regista in diverse produzioni teatrali. Questa sua conoscenza assoluta del teatro la si riscontra perfettamente in questo film che rappresenta il tragicomico dietro le quinte di una commedia che la regista vorrebbe molto innovativa rinunciando per questo anche all’apporto di noti attori che garantirebbero buoni incassi. La filosofia del film è tutto in questo credo: il teatro è un atto di fede. Perché tutto funzioni gli attori, il regista e i tecnici devono credere in quello che stano facendo. Una società messicana sponsorizza la presentazione del Caligola di Albert Camus per un festival internazionale. Un testo che parla di un imperatore romano visto e riletto da un esistenzialista francese, riscritto e interpretato dalle situazioni sociali bisogni messicani e la nevrosi che in questo periodo quella società sta vivendo. Sembra che tutto vada per il meglio ma la regista entra in crisi anche matrimoniale, la diva si trova una parte ridota a poche battute, il famoso attor giovane viene è, il vecchio attore non è in grado di memorizzare il testo, la produttrice e sempre più tesa e costantemente ubriaca, i tecnici offesi per come sono trattati affittano le scenografie a un locale gay. Come se questo non bastasse, Caligola è interpretata da una donna figlia di una famosa attrice che da anni è finita nel dimenticatoio. Ciononostante il miracolo avviene e tutti, con lo spirito che solo il teatro riesce a creare, trovano la voglia di lavorare assieme mentre si apre il sipario anche se sul palcoscenico nulla è pronto e le maestranze continuano a insultarsi. La presenza del pubblico crea il miracolo e due signore bene, commentando l’iniziale caos sicuramente non voluto dalla regista, commentano che deve essere un’opera moderna. Attori ai massimi livelli, tante risate, tanti momenti drammatici. A tratti è convenzionale, il finale buonista forse non accontenta il cinefilo, ma lo spettacolo è garantito e, forse, anche il premio del pubblico. Interessanti i cinque minuti creativi della regista in cui lei visiona autentici documenti in italiano sul fascismo perché’ la sua prima idea era proprio quella di creare un Caligola tra l’Impero Romano e il ventennio.
F.F
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