22 Agosto 2012
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Festival Des Films Du Monde |
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Invasion (Invasione), film del georgiano Dito Tsintsadze, in concorso al festival, è di produzione austriaca e tedesca. E’ un‘opera girata in tedesco in una villa - castello di stile nordico, un testo che mantiene atmosfere e comportamenti tipici del cinema di questo cineasta. Allievo di Otar Iosseliani ed Eldar Shengelaya, autore di dieci film incluso An Erotic Tale del 2002, il regista sembra giocare con lo spettatore imbastendo l’opera di sorprese, tensione e atmosfere cariche di mistero. Protagonista del racconto, scritto dallo stesso regista, é Joseph, vedovo sessantenne, che incontriamo al cimitero sulla tomba della moglie. Rassegnato, chiuso in un’espressione malinconica, sussurra frasi di chi non sembra piu’ chiedere niente alla vita. Una signora gli si avvicina: piacente, i capelli rossi, non ancora cinquantenne, gli dice di chiamarsi Nina, di essere stata amica della moglie prima di sposarsi e che ha saputo in ritardo della sua dipartita. Gli presenta il figlio, Simon, istruttore di kendo, e il vedovo li invita a casa. Dopo una breve frequentazione, Nina gli presenta la nuora, Milena, e gli dice che la giovane coppia ha problemi di alloggio. Joseph é contento di ospitarli. Presto scoprira’ che i due hanno un figlio e sara’ lieto di accoglierlo in casa. L’invasione é cominciata. Anche Nina si ferma per un breve soggiorno e s’installa. Capita in visita capita anche un amico, Marco, compagno di Nina da quando é rimasta vedova. Si fa tardi, chiede di restare per una notte, e apre un ufficio, dove riceve alcuni collaboratori. Joseph comincia a rendersi conto dell’imbroglio ma Nina tenta di avere un rapporto sessuale con lui adducendo che a Marco non importa. Tuttavia Joseph la respinge, ma non rinuncia a una relazione con Milena quando questa gli s’infila nel letto. Nondimeno la pressione degli ospiti diventa opprimente e Joseph chiede loro di andarsene. Ci riuscira’ dopo una serie di scontri drammatici e di soluzioni impreviste, in un gioco al massacro che il regista ha concertato con un sorriso beffardo.
Dall’est è arrivato un altro film in concorso: Sanghaj dello sloveno Marko Nabersnik. Sono 124 minuti per raccontare il destino di una famiglia di gitani attraverso quattro generazioni. Al centro della storia c'è la generazione a cavallo tra la fine della Iugoslavia e la nascita della Slovenia. Protagonista Lutvija Belmondo Mirga che in prossimita’ del confine italiano fonda il villaggio di Sanghaj che presto attira nomadi dai paesi dell’est. Il fondatore intreccia buone relazioni con le autorita’ locali per ottenere il collegamento elettrico e per l’istruzione dei bambini, ma non fa menzione dei suoi traffici: droga prima della guerra dei balcani, e poi armi. E saranno proprio queste ultime a tradirlo e a portarlo in tribunale. Sorta di favola gitana sorretta da un sapiente commento musicale e dai racconti della vita del villaggio, il film ricorda le commedie politico - sociali dell’era di Tito, celebrate dal cinema iugoslavo e scorre piacevolmente senza però apportare niente di nuovo alla tradizione del cinema di questo paese.
Un accenno merita la prima mondiale di due coraggiosi registi italiani residenti a Parigi: Ilaria Borrelli e Guido Freddi che con una produzione indipendente si sono recati in Cambogia per girare un film sul fenomeno della pedofilia, Talking to the Trees (Parlando con gli alberi). Autori del testo, lei è anche attrice per necessita’, narrano di una donna che raggiunge il marito in Cambogia e scopre che ha un rapporto con una bambina. Non riesce a prendere contatto con il marito, e deve vedersela con lo sfruttatore al quale riesce a sottrarre due bambine e a farle fuggire con lei. Accanto ad alcuni paesaggi ripresi con molta maestria, il film segue la protagonista nel suo peregrinare nella foresta.
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