02 Luglio 2010
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45mo Karlovy Vary International Film Festival |
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Martedì 6 luglio Quinto giorno.
Chiz-Haie Hast Ken Nemidani (Ci sono cose che non sai) segna il debutto nel lungometraggio delliraniano Farid Saheb Zamani e fa da spia al fermento che, fortunatamente, ancora cova sotto la cappa della censura clericale di Teheran. Ali è un ex-studente, ora tassista per una piccola società, passa i giorni e le notti sulle affollate strade dalla capitale, mentre la sua vita privata si riduce a un appartamento minuscolo e a un gattino che, da qualche giorno non si fa vivo. Attraverso le conversazioni con le varie persone che carica e le conversazioni ascolta, il film disegna un ritratto duro e lucido della vita che brulica sotto il tallone del regime. In particolare ci sono due donne, una che ha conosciuto (e amato?) durante gli anni delluniversità, unaltra che va a prendere ogni giorno a unora prestabilita per portarla ad assistere il padre gravemente infermo. Con questultima sintravvede un barlume di storia damore, spezzato dal ritorno del marito e dei figli. Come accadeva ai tempi dei cosiddetti film dei telefoni bianchi in epoca fascista, sono più le cose che il regista suggerisce di quelle che sono dette apertamente. Ciò che realmente conta è il senso di unoppressione compatta che impedisce e perseguita anche le azioni più banali, come scegliere un film da vedere o andare in giro con unamica. Oppressione non disgiunta da un filo di speranza, incarnata da quel terremoto che tutti aspettano e che arriva proprio nell'ultima inquadratura. Certo questi sono aspetti che possono essere colti da chi guarda al film con occhio attento anche ai minimi particolari e, soprattutto, da chi ricorda il senso, lontano ma convergente nella denuncia della follia generata dalloppressione, dei due film cui lautore apertamente si ispira: Taxi Driver (1976) di Martin Scorsese e Dieci (Ten, 2002) di Abbas Kiarostami.
Matka Teresa od Kotów (Madre Teresa dei gatti) segna lesordio nel lungometraggio del veterano polacco Pawel Sala. È la storia di un matricidio efferato, la vittima è tagliata a pezzi, compiuto da un giovane, con la complicità del fratello. La storia e le motivazioni sono ripercorse allindietro al ritmo di giorni, dapprima, poi di mesi sino ad arrivare allanno che precede il delitto. Non è una struttura di facile o immediata comprensione, che lautore riempie di riferimenti che vanno dalla guerra in Iraq (il padre è un militare che ritorna dal fronte profondamente turbato), alla crisi economica (la perdita di gran parte dei risparmi nel tracollo dei titoli spazzatura), alla dissoluzione della famiglia in senso tradizionale (i figli uccidono soprattutto per avere i soldi per comperare giochi elettronici e altri gadget), alla follia dell'animalismo (la madre ospita decine di gatti randagi), al proliferare delle sette sataniste. E molto, troppo, materiale da manovrare per cui il film finisce con non affrontare nessun tema specifico, ma citarli tutti. Cè molta maestria nella conduzione della storia, ma non tanta da dare compattezza e unità allintero discorso. In altre parole si ha più limpressione di un virtuosismo fine a se stesso che non di una vicenda autenticamente sofferta e partecipata.
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