Poker, in originale Dealer's Choice (La scelta del mazziere), era già stato rappresentato il 17 aprile 2008 dalle compagnie Gank e Salamander. Il testo dell’inglese Patrick Marber (1964), uno dei nomi di successo del mondo dello spettacolo anglosassone, ritorna ora con parte dello stesso cast, per il Teatro Nazionale di Genova. Rivisto lo spettacolo non ci sembra necessario aggiungere nulla a quanto già notammo oltre cinque anni or sono, per cui ripetiamo integralmente – mutati alcuni nomi – il giudizio di allora.
Il copione viene dalla penna di un autore e attore radiofonico, sceneggiatore di film importanti, ricordiamo per tutti Closer (2004) diretto da Mike Nichols e interpretato da Natalie Portman, Jude Law, Julia Roberts e Clive Owen, che ha esordito come drammaturgo e regista nel 1995 proprio con questo copione. La storia ha molto di autobiografico, visto che l’autore ha un passato di forte appassionato del gioco d’azzardo. Nella Londra dei primi anni novanta, il proprietario di un ristorante ha l’abitudine di riunire, tutte le domeniche notte, i suoi dipendenti e il figlio attorno a un tavolo verde per lunghe partite regolate dalle scelte del mazziere. Vale a dire che, a ogni mano, chi dà le carte decide quale tipo di poker si debba giocare. La prima parte del copione è ambientata fra la cucina e la sala da pranzo e serve a presentare i vari personaggi: il cameriere un po’ tonto che vagheggia di aprire un suo locale, il cuoco divorziato e nostalgico della figlia, un altro cameriere che sogna di diventare un giocatore professionista, il figlio del proprietario coperto di debiti di gioco, il padre che cerca di mantenere un flebile rapporto con il ragazzo pagandogli le pendenze e facendolo giocare con lui la domenica sera. Unico intruso, in quella particolare sera, un giocatore di professione, creditore di un’ingente somma dal ragazzo. Il secondo tempo è interamente dedicato allo svolgimento del gioco e qui il testo ha un crollo sensibile, sia perché la maggior parte delle cose sono già state dette, sia perché paga un pesante pegno alla tipica difficoltà di rappresentare un gioco segnato da norme precise a un pubblico che, in molti casi, non ne conosce le regole. In questo modo lo spettacolo - diretto bene da Antonio Zavatteri che è anche uno degli interpreti assieme a Massimo Brizzi, Alberto Giusta, Aldo Ottobrino, Federico Vanni e Pier Luigi Pasino - diventa una sorta di anatra zoppa che dilapida in parte le promesse lasciate intravedere dalla prima. Un’occasione parzialmente positiva o, se si preferisce, moderatamente negativa.