Andrea Brambilla e Nino Formicola, in arte Zuzzurro e Gaspare, tornano a teatro, e lo fanno a grande richiesta con La cena dei cretini, uno dei loro cavalli di battaglia. Scritto dal francese Francis Veber nel 1993, il testo è ormai un classico della commedia, con tanto di adattamento cinematografico, datato 1998, campione d’incassi in tutta Europa. La trama di questa indiavolata pochade contemporanea si regge su un meccanismo risaputo, ma sempre irresistibile: quello dell’idiota che, irrompendo nella storia, opera una devastazione progressiva dell’ambiente che altera imprevedibilmente il corso degli eventi.
A Parigi, l’editore Pierre Brochant ama prendersi gioco del prossimo organizzando le cene dei cretini, serate alle quali i partecipanti devono portare dei malcapitati da ridicolizzare di nascosto. Un giorno, la sua scelta ricade su François Pignon, contabile d’immensa stupidità appassionato di modellismo con i fiammiferi. Bloccato dal colpo della strega e abbandonato improvvisamente dalla moglie, Brochant si trova però prigioniero nel suo ricco appartamento con il futuro zimbello, venuto nel frattempo a trovarlo per essere – inconsapevolmente – studiato in vista del sadico rituale. In un crescendo inarrestabile di catastrofi, la vittima diventa involontario carnefice e il tentativo di beffa si trasforma nel contrappasso dell’arrogante borghese. Protagonista di entrambe le versioni era Jacques Villeret, stralunato attore dagli occhi acquosi e le movenze impacciate, magnifico nei panni di quel cretino distruttore che il drammaturgo-regista aveva in realtà già portato sul grande schermo facendolo interpretare con pari successo prima a Jacques Brel (in L’emmerdeur - Il rompiballe di Édouard Molinaro, del 1973) e poi a Pierre Richard (in Les compères – Noi siamo tuo padre del 1983 e in Les fugitivs – Due fuggitivi e mezzo del 1986, entrambi diretti dallo stesso Francis Veber). Nelle mani di Andrea Brambilla (Pignon) e Nino Formicola (Brochant), la commedia trova nuova vita a due decenni di distanza dal debutto, dimostrando come il suo potenziale comico non sia stato per nulla intaccato dal tempo. Perché tutto funzioni, in casi come questo, basta in fondo oliare bene gli ingranaggi e appropriarsi intelligentemente della scrittura. E così, data la provenienza dei due (indimenticate star televisive negli anni Ottanta e Novanta), il testo si apre qua e là al cabaret, dilatandosi a dismisura fino a diventare una sorta di contenitore caotico di sketch esplosivi, dei veri e propri numeri con botto finale incluso, mentre la trama è ridotta abilmente a canovaccio su cui improvvisare con spensieratezza. La coppia di teatranti, pressoché perfetti nella gestione dei tempi, riesce perciò a orchestrare dal palco uno spettacolo sicuramente spassoso, quasi tutto costruito su duetti dal ritmo mitragliante, in cui i giochi di parole e le gag fisiche sono puntualmente contrappuntati dagli applausi a scena aperta del pubblico. Un eccellente esempio di teatro comico, insomma, a tratti davvero trascinante.