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Inviato da Umberto Rossi
13 Dicembre, 2011
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Hugo von Hofmannsthal (1874 – 1929) scrisse
Elektra (
Elettra) nell’estate del 1903. Nel 1909 trasse da questo testo il libretto dell’opera omonima musicata da Richard Strauss (1864 – 1949). Sono gli anni in cui Vienna è una vera fucina d’artisti e ricercatori, non è in questi mesi che Sigismund Freud (1856 – 1939) dà nuovo slancio alla psicanalisi, rielaborando alcune teorie già enunciate nel suo
L’interpretazione dei sogni (1899). Carmelo Rifici si è rifatto parzialmente al clima di quei giorni nel costruire la sua rilettura del testo hofmannsthaliano, vecchio oltre un secolo.Carmelo Rifici si è rifatto parzialmente al clima di quei giorni nel costruire la sua rilettura del testo hofmannsthaliano, vecchio oltre un secolo. Elettra è un personaggio della mitologia greca, figlia Agamennone e Clitennestra, sorella di Oreste, Crisotemi e Ifigenia. Al ritorno dalla guerra di Troia, ove aveva capeggiato l’esercito acheo, il re di Micene fu assassinato da Egisto, che era diventato l’amante della regina durante la sua assenza. Sarà proprio Elettra, con il fratello Oreste, a vendicare il padre, uccidendo madre e amante. Come per altre storie mitologiche, anche quella di Elettra ha dato origine all’identificazione di un
complesso, simmetrico, al femminile, di quello di Edipo (la figlia che uccide la madre per amore verso il padre). Elisabetta Pozzi si presta con entusiasmo e forte impegno alla lettura psicologica proposta dal regista, facendo del suo personaggio una donna inquieta, ossessionata, monomaniaca nell’odio verso la madre. E’ una lettura a forte caratura drammatica che mette in secondo piano, almeno in parte, l’alone romantico che segna il bagaglio più noto di quest’autore. E' uno spettacolo di ottimo livello, dai toni un po’ usuali, ma retto da un’interpretazione davvero eccezionale.