“Dio è Donna e si chiama Petrunya”, della cineasta macedone Teona Strugar Mitevska è un bel film. Racconta la storia di una donna di nome Petrunya, disillusa dalla vita e senza un lavoro che lotta contro i pregiudizi e le discriminazioni. Ogni anno nella città di Stip, dove vive con la sua famiglia si svolge una festa religiosa durante la quale una croce viene lanciata nel fiume. Per tradizione solo gli uomini della comunità partecipano alla competizione per recuperare la croce e così giovare della buona sorte che il possesso dell'oggetto sacro porta con sé.
Petrunya per cambiare le proprie sorti e per dare una scolta ad una esistenza decisamente incolore, decide di partecipare alla competizione e riesce inaspettatamente a vincere la concorrenza maschile recuperando la croce. La tradizione religiosa risulta però violata e nessuno tra i partecipanti alla competizione ha intenzione di lasciare l'oggetto sacro nelle mani di una donna. Da questo momento per la protagonista è l’inizio di un turbine di disavventure: la folla della piccola comunità, ancora governata da un malinteso senso del sacro, la assedia, il pope le intima di restituire la croce, ma lei rifiuta e scappa, anche la famiglia le è apertamente ostile. La pellicola con i suoi 100’ minuti, scorre veloce, ma in modo tutt’altro che banale, riuscendo a fondere impegno e ironia. E’ un film pieno di umanità, che tiene viva, l’idea di speranza e riscatto contro pregiudizio e discriminazione due facce di una stessa, universale medaglia.